“Nel Lazio e nell’area di Roma abbiamo delle strutture ospedaliere di Neuropsichiatria infantile che fanno delle ottime diagnosi, ma poi non fanno terapia. Per quella rimandano alla Asl. Quest’ultima fa appuntamenti di prima visita dopo mesi e i bambini non possono aspettare tanto, perché intanto crescono e lo fanno senza assistenza. Quando poi iniziano ad essere reclutati dalle Asl per il progetto terapeutico, i colleghi li rimandano indietro agli specialisti privati perché non hanno risorse sufficienti per seguirli”. A denunciare la difficile situazione nella quale si trovano molti minori che avrebbero bisogno di un percorso terapeutico è Francesco Montecchi, neuropsichiatra infantile e presidente della Onlus La cura del girasole.
In vista della Giornata mondiale della salute mentale, il 10 ottobre, Montecchi analizza la condizione dei servizi pubblici di salute mentale e si domanda: “Quando una terapia integrata coinvolge più aspetti: familiare, individuale e talvolta anche farmacologico, chi se ne occupa? Spesso i medici privati. Ma è giusto che le famiglie debbano rivolgersi ai medici privati, anche considerando quante si trovano in difficoltà economiche serie? Così molte di queste realtà vengono raccolte dal privato sociale, dalle Onlus, dove non essendoci fini di lucro riescono a realizzare dei progetti terapeutici congrui”.
La tempestività nella presa in carico da parte dei servizi pubblici è molto importante, ricorda il neuropsichiatra, perché “le terapie in età evolutiva non sono lunghe come negli adulti, dato che il bambino cresce, si evolve. Quindi ha bisogno di un sostegno terapeutico che lo aiuti a incanalarsi nel percorso fisiologico di crescita”. Affinché una terapia abbia buone probabilità di successo, prosegue il presidente della Onlus La cura del girasole, è necessario “individuare cosa fa fallire un intervento, cioè la prevenzione dell’insuccesso. Quando noi facciamo prevenzione dell’insuccesso nella costruzione del pacchetto terapeutico, stiamo già facendo un’ottima terapia”.
La costruzione del rapporto terapeutico è uno degli argomenti trattati nel suo ultimo libro ‘Psicopatologia dell’infanzia e dell’adolescenza. Percorsi terapeutici’ (casa editrice Franco Angeli), del quale si discuterà il prossimo 25 ottobre, durante la seconda delle Giornate precongressuali IdO (Istituto di Ortofonologia), dedicate al tema ‘Dall’infanzia all’adolescenza’. In particolare, il volume si apre con degli accenni teorici, per passare poi ad analizzare “dove nasce la patologia: trend generazionale, gravidanza, prime fasi dello sviluppo”, spiega Montecchi. Prosegue con le prime fasi evolutive, “per individuare l’indice di una eventuale futura psicopatologia” e con le terapie, dando indicazioni su “come iniziare un progetto terapeutico, le possibili alternative”. Infine, il testo si chiude con l’elenco di tutte le patologie. L’obiettivo è fare chiarezza sul piano clinico, dato che “alcuni manuali- constata l’autore- trattano la Neuropsichiatria infantile in un modo disastroso, con pochissime voci, generiche, che non dicono niente, servono per le statistiche e le pratiche burocratiche, ma sul piano clinico non sono utilizzabili. Le categorie diagnostiche sono poco utilizzabili se il lavoro viene fatto su un piano psicodinamico”, quando cioè “si vede il sintomo come rappresentazione simbolica del processo evolutivo del bambino e lo si considera come un elemento che ha una sua storia. Questo- aggiunge Montecchi- impegna e orienta anche il percorso terapeutico, perché attualmente con le neuroscienze c’è un bellissimo intreccio tra la psicodinamica, le emozioni, e le basi biologiche. Ma allora la terapia deve tener conto sia delle basi biologiche su cui poggiano le emozioni ma anche della dinamica con cui un’emozione si altera, che è collegata- conclude il neuropsichiatra- al transgenerazionale, ai genitori, alla famiglia, al contesto in cui il bambino vive”.